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- Musica e Folklore -

Gli strumenti a plettro partenopei

Introduzione

di

e origini degli strumenti a plettro sono incerte, oscure e si perdono nella notte dei tempi. I primi esemplari, storicamente documentati, ci vengono dall'Estremo Oriente: Tambourà, Tammourah, Gut-komm e Poun goum.

Costa: Un concerto - London National Gallery Da questi strumenti nascerà poi il "liuto" o "leuto" (dall'arabo "al ud", "laud", "leus", "luc" e "eoud"), giunto in Spagna dall'Africa nella seconda metà del X secolo e passato poi in Francia e Italia, da cui è derivata una serie di strumenti: il "chitarrone", la "tiorba", il "liuto attiorbato" (tutti detti genericamente "arciliuti"), il "mandolino" (detto anche "mandorlino"), la "mandola" (detta anche "mandora", "pandola" e "quinterna"), il "mandolone"(o "arcimandola") e il "mandoloncello".

In questa sezione verranno descritti solo gli strumenti 'a plettro' e 'a pizzico' che fanno, o hanno fatto, parte delle tradizioni popolari del folklore partenopeo e che rappresentano i principali elementi per la formazione di qualsiasi 'orchestra a plettro'.

Una delle immagini rappresentative a cui viene associato il nome di Napoli, in tutto il mondo, è costituita dal mandolino, per cui questo strumento avrà il privilegio d'essere trattato in modo più ampio rispetto agli altri (che non sono certamente di minore importanza).

Questo 'trattamento particolare' è favorito dal fatto che i più grandi costruttori di mandolino, in tutte le epoche, sono stati (e ancora lo sono) napoletani (è anche merito loro, quindi, la diffusione in tutto il mondo del folklore partenopeo).

In conclusione di questa premessa, mi sia consentito fare un’osservazione del tutto personale ed ampiamente discutibile.
Da qualche decina d’anni, si è sempre più diffusa l’abitudine d’eseguire prevalentemente 'staccato' le note delle composizioni dedicate agli strumenti a plettro.

In pratica si lasciano al trillato rarissimi passaggi ove, spesso, si ha per di più l’impressione di un mordente doppio (o addirittura semplice), piuttosto che un vero trillo.

Questa prassi esecutiva, forse adottata perché più facile o per dare maggiore smalto e brillantezza alle esecuzioni, non entusiasma lo scrivente, fondamentalmente a causa della costituzione stessa di questi strumenti, tutti con corde doppie accordate all’unisono.

Il motivo alla base dell’adozione di questa armatura era, ed è, quello di favorire l’effettuazione del trillo, molto più difficile da realizzare con una sola corda a disposizione; lo staccato era riservato all’esecuzione di passaggi rapidi e/o brillanti.

Inoltre, la regolazione da parte dell’esecutore della velocità del trillo, in unione alle variazioni d’intensità, creano le più diverse atmosfere, la cui quantità e qualità è subordinata soltanto alla capacità ed alla musicalità dell’esecutore.

A sostegno di quanto finora detto, e a conclusione di questa mia personale osservazione, un pratico esempio: eseguire staccate le note della strofa di Torna a Surriento, equivale alla dizione tronca di tutte le sillabe dei versi corrispondenti, con un effetto, per gli ascoltatori, presumibilmente tragicomico.


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