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- La Tarantella -

La Tarantella (II parte)

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Scrive il Padre gesuita Athanasius Kircher, di Fulda (Germania), nella sua 'Musurgia Universalis': "I suonatori di Taranto, che curavano con la musica questo morbo anche in qualità di funzionari pubblici retribuiti con stipendi regolari per aiutare i più poveri e per sollevarli dalle spese, per accelerare e rendere più facile la cura dei pazienti solevano chiedere ai colpiti il luogo e il campo dove la tarantola li aveva morsicati e il suo colore.
Perciò, individuato subito il luogo dove diverse e numerose tarantole si adoperavano a tessere le loro tele, i medici citaredi (cantanti – suonatori) si avvicinavano e tentavano vari tipi di armonie e, mirabile a dirsi, ora queste, ora quelle saltavano…
Quando vedevano saltare una tarantola di quel colore indicata dal paziente, affermavano con certezza di aver trovato il modulo esattamente proporzionato all’umore velenoso del tarantato e adattissimo alla cura, con il quale ottenere un sicuro effetto terapeutico".

Per il medesimo motivo, gli strumenti adoperati in tali cure variavano dal calascione alla zampogna, dal tamburello al sisco, dall’ arpa al liuto, dal violino alla cornamusa, usati singolarmente o variamente raggruppati, secondo la personalità più o meno aggressiva del tarantolato.

Gli stessi malati (secondo testimonianze riferite da M. Schneider nel suo libro ‘La danza delle spade e la tarantella’), pur essendo del tutto ignari di qualsiasi nozione musicale e normalmente incapaci di distinguere l’intonazione giusta o errata di una voce o di uno strumento, davano in escandescenze se i suonatori sbagliavano il ritmo o le note, interrompendo la loro danza e riprendendola solo all’ascolto di una corretta esecuzione.

Inoltre, sempre secondo le testimonianze riferite dallo Schneider, il suono del violino produceva in genere effetti platealmente più rapidi sui malati morsi dalla tarantola ed era da questi manifestamente preferito a quello della chitarra o di qualsiasi altro strumento, sia a corda che a percussione.

Anche la velocità d’esecuzione era importante in queste cure: accelerandola, si otteneva una diminuzione del tempo occorrente alla guarigione.

Vi erano però delle eccezioni a queste regole, come riferisce E. De Martino nella sua encomiabile pubblicazione ‘La terra del rimorso’, ricerca condotta nell’estate del 1959 con un’equipe di cui facevano parte :

  • il dott. Giovanni Jervis (specializzando nella clinica neuro-psichiatrica dell’Università di Roma);
  • la dott.ssa Letizia Jervis-Comba (che nel biennio 1954-56 aveva conseguito il M.A. in psicologia con una tesi sperimentale, presso il Department of Psycology dell'Università di Cornell, Ithaca, N.Y.);
  • il dott. Sergio Bettini (dell’Istituto Superiore di Sanità);
  • il dott. Diego Carpitella (docente presso il Conservatorio di Musica di S. Cecilia e presso l’Accademia Nazionale di Danza in Roma, ricercatore del Centro Nazionale di Studi di Musica Popolare dell’Accademia di S. Cecilia e della Rai-TV, curatore insieme ad Alan Lomax di un’antologia di musica popolare italiana per la Columbia World of Folk and Primitive Music);
  • la dott.ssa Amalia Signorelli-D’Ayala (laureatasi nel 1957 con una tesi di antropologia culturale, collaboratrice per un anno presso il Centro Studi per la Geografia Antropica sotto la direzione del prof. Almagià, ricercatrice interna presso l'Istituto di Etnologia dell’Università di Perugia e docente di antropologia culturale presso le scuole del Servizio Sociale);
  • l’assistente sociale Vittoria De Palma.

In questo suo studio scientifico, E. De Martino, Docente universitario di Storia delle Religioni, afferma infatti che erano previste non solo tarante ballerine, libertine e canterine, ma anche tarante tristi e/o mute, associate a stati d’animo depressi.

In questi casi il tarantato preferiva brani musicali lenti e malinconici, delle nenie funebri o addirittura il silenzio. Ciò perché la tarantola, secondo il mito narrativo, danza melodie e ritmi diversi secondo la sua grandezza ed i suoi colori, trasmettendo alla persona ‘pizzicata’ le corrispondenti inclinazioni coreutiche, melodiche e cromatiche.

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