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Sorrento - Notizie storiche

di Vincenzo Russo

Le più antiche testimonianze preistoriche della penisola sorrentina, rinvenute in cavità naturali lungo la costa, tra la baia di Ieranto e Positano, risalgono al paleolitico medio e al mesolitico. Per le epoche successive, le ricerche archeologiche hanno dimostrato una frequentazione continua del territorio compreso tra Piano di Sorrento e Punta Campanella, dall'età eneolitica (tombe della "Civiltà del Gaudo") al periodo romano.

In età arcaica, popolazioni italiche, identificate dalla critica moderna con gli Opici (cui subentrarono genti osco-sabelliche) si insediarono in questi luoghi e costituirono, col passare del tempo, l'elemento indigeno che ebbe, soprattutto nel VI e V secolo a.C., contatti e scambi commerciali con i Greci e col mondo etrusco, dal quale, in particolare, subirono un'evidente influenza sul piano della cultura materiale.

Dopo l'inizio della colonizzazione, Sorrento dovette forse conoscere una sporadica presenza greca, che divenne in seguito più consistente.

A partire dal VI secolo a.C. risulta, tra l'altro, sempre più documentato, nel famoso santuario di Punta Campanella, il culto di Athena, che continua durante l'occupazione sannitica, come dimostra un'epigrafe rupestre osca scoperta nel 1985 sulla parete del promontorio.

Punta Campanella - Foto G. Ruggiero


Di una "Sorrento greca" risulta comunque difficile parlare, allo stato attuale delle ricerche, sia perché la sua completa ellenizzazione dovrebbe collocarsi nel breve arco di tempo che va dal 474 al 420 (dalla battaglia navale di Cuma alla conquista sannitica) sia perché vari indizi mostrano già in atto, nel V secolo a.C., l'inserimento dei Sanniti nell'area sorrentina.

Considerando perciò le diverse componenti culturali, che convivevano tra Stabia e la punta estrema della penisola, alcuni studiosi hanno preferito parlare di questa zona come di una "terra di frontiera" la quale, dopo l'avanzata dei conquistatori discesi dagli Appennini, entrò a far parte della "Lega Nucerina".

Come membro di tale confederazione, Sorrento partecipò alle guerre sannitiche e si schierò, in seguito, dalla parte degli Italici, contro Roma, nel corso della guerra sociale (90 a.C.). Ciò determinò una prima deduzione, nelle terre intorno alla città, di coloni al tempo di Silla, alla quale dovette forse seguire una seconda durante il governo di Augusto.

Agli inizi dell'età imperiale, l'aristocrazia romana scelse la penisola sorrentina come luogo di villeggiatura e vi costruì splendide ville marittime, di cui oggi rimangono ruderi molto importanti, fra i quali vanno ricordati quelli della cosiddetta villa di Agrippa Postumo, della Punta del Capo ('bagni della regina Giovanna') e della marina di Puolo.

Sul periodo compreso tra la fine dell'impero romano e la rinascita europea, abbiamo rare e frammentarie notizie. Sappiamo che, dal V secolo d.C., Sorrento ebbe una sua diocesi e che fece parte, dopo la guerra greco-gotica, del ducato bizantino di Napoli. Il governo della città fu affidato a magistrati che non svolsero solo compiti civili ma anche militari perché furono impegnati ad opporsi alle pericolose incursioni dei Longobardi e dei Saraceni.

Nei primi anni dell'XI secolo, Sorrento si separò da Napoli e divenne un ducato autonomo, seguendo l'esempio di Amalfi. La sua autonomia durò fino alla conquista normanna, sotto la guida della famiglia nobile dei Sergi.

Divenuta città demaniale nel regno di Ruggero II, la sua vita entrò a far parte della storia di tutte le monarchie che hanno governato l'Italia meridionale.

Sotto il controllo di magistrati regi (il governatore e il baiulo), che assicuravano l'ordine pubblico e la giustizia, il potere politico fu, da un'epoca all'altra, nelle mani della nobiltà, che riuscì sempre a conservare una posizione di predominio.

In periodo angioino, tale nobiltà si divise in due "Piazze", chiamate di Porta e di Dominova, che si riunivano separatamente per eleggere i propri rappresentanti nel Consiglio della città, del quale faceva parte anche una minoranza eletta dalla "Piazza del popolo". Il Consiglio era formato da magistrati con incarichi specifici ed era guidato da un esecutivo di tre sindaci (uno per "Piazza") coadiuvato, in epoca spagnola, da alcuni collaboratori (gli eletti). I sindaci presiedevano, tra l'altro, il parlamento cittadino e ne attuavano le deliberazioni.

L' "Università", cioè l'organo amministrativo della comunità sorrentina, ricavava i mezzi economici necessari ai pagamenti fiscali allo Stato, alle spese di gestione, alle opere pubbliche, ecc., dalla tassazione indiretta dei generi alimentari (le gabelle), delle attività lavorative (le collette) e dei beni immobili (il catasto). Dei tre settori del fisco, il primo era il più importante e si basava sulla fondamentale gabella della farina.

Molti generi alimentari (vino, olio, frutta, carne e derivati del latte) erano tradizionali prodotti locali, che venivano esportati con un traffico marittimo diretto nei porti del golfo di Napoli e del meridione.

La proprietà terriera apparteneva, in gran parte, al patrimonio nobiliare ed ecclesiastico e procurava cospicue rendite alle famiglie aristocratiche e ai numerosi monasteri. La ricchezza della città e la sua vita economico-sociale subirono però un grave colpo per il saccheggio dei Turchi del 1558, in seguito al quale furono uccise o fatte prigioniere numerose persone e fu annullata ogni prospettiva di sviluppo per la seconda metà del Cinquecento.

La drammatica esperienza del 1558 rese necessaria la soluzione dei vecchi problemi di difesa del territorio. Fu perciò restaurata e fortificata la cerchia delle mura e, nel 1567, ebbe inizio la costruzione delle torri costiere, che già da molti anni erano state ordinate dalla corte regia.,

Nel secolo successivo ci fu un grave ristagno economico determinato, tra l'altro, dall'impoverimento delle risorse e dagli effetti della pressione fiscale del governo spagnolo. La tensione fra i contadini e la classe dominante sfociò nella rivolta del 1648, durante la quale i nobili furono assediati dai popolani del Piano guidati dal genovese Giovanni Grillo.

Nel corso del Settecento si crearono invece le condizioni di una generale ripresa delle attività lavorative e di un miglioramento del tenore di vita. Il commercio marittimo si sviluppò gradualmente, giungendo, nel secolo XIX, a risultati di grande rilievo, accompagnati da iniziative cantieristiche, armatoriali ed assicurative. Dopo l'unificazione, la marineria sorrentina, per il numero delle navi allestite ed il volume degli affari, divenne una delle più attive e importanti d'Italia.

Verso il 1840, il crescente numero di visitatori stranieri cominciò a dar vita all'industria turistica, che sarebbe diventata il settore economico fondamentale ed avrebbe stimolato la nascita di altre attività, fra cui quella molto famosa dei lavori intarsiati.

Il turismo, il commercio e l'artigianato del legno sono oggi le principali risorse della città, mentre la coltivazione tradizionale degli agrumi e degli ulivi è in parte diminuita per la riduzione degli spazi agricoli dovuta all'incremento delle abitazioni.

La realtà attuale è caratterizzata da una continua evoluzione e, nell'età della tecnologia e dell'informatica, sembra avviarsi verso nuove esperienze culturali e lavorative e, nello stesso tempo, verso una sempre maggiore tutela e conservazione del suo patrimonio artistico e delle sue straordinarie bellezze naturali.