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- Antichi sapori e profumi della Penisola Sorrentina -

La tradizione dolciaria della Penisola Sorrentina

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Il sanguinaccio ci introduce con autorevolezza nell' illustrazione della tradizione dolciaria della nostra regione ed in particolare a parlare dei tantissimi dolci che traggono origine dalle paste alimentari.

Le loro originali composizioni scaturiscono, quasi sempre, dalla solita fantasia e dall’inventiva di massaie, di suore e frati cucinieri, per festeggiare le grandi ricorrenze come il Natale e S. Giuseppe con "zeppole" "strufoli" e "mostaccioli", le feste patronali con torte di vario tipo come "bucchinotti" e "pasticciotti" che non mi soffermerò ad illustrare.

Ne descriverò solo due che di probabile origine della costa, sono rimaste maggiormente vive nella tradizione di tutti i giorni. Queste hanno varcato i confini della regione e sono erette a simbolo della gastronomia campana: "la pastiera" e le "sfogliatelle S. Rosa".

La pastiera era originariamente un migliaccio di maccheroni che utilizzava la "pasta di ieri" che veniva condita con ricotta dolcificata, uova e cannella. Successivamente le pastiere furono preparate con una pasta prodotta dai primi "ngiegni" di pasta lunga e sottile poi denominata "Fedeline". Le Fedeline venivano cotte nel latte e condite con zucchero, cannella, acqua di fiori d’arance ed amalgamate con ricotta ed uova; il composto veniva adagiato in una teglia di terracotta preunta con sugna o burro per essere cotto al forno fino alla doratura della superficie.

Questo migliaccio di pasta dolce, che nel tempo ha subìto una notevole trasformazione ( fino ad essere proposto ai nostri palati in un involucro esterno di ottima pasta frolla e con all’interno un ghiotto composto di crema pasticciera, ricotta montata e dolcificata con aggiunta di cedri, scorzette d’arancia, canditi e tagliuzzate a dadini, grano precotto in latte e strutto anch’esso aromatizzato da una spruzzatina di acqua di fior d’arancia), è diventato come la colomba per i settentrionali, il simbolo della Pasqua per tutta la gente del Sud.

La torta S. Rosa fu creata dalle pie mani delle suore del Monastero di S. Rosa in Conca dei Marini ai primi anni del Settecento in un giorno in cui, con cadenza quindicinale, erano solite preparare il pane occorrente ai bisogni del Monastero.

Avvenne in uno di questi giorni, che, avendo una disponibilità di semola cotta nel latte e dolcificata (biancomangiare) che la monaca cuciniera preparava per alimentare le consorelle anziane o ammalate, la condì con frutta secca (albicocche, pere, susine) di cui erano piene le credenze di quel convento, come abbiamo appreso dal compendio istorico del venerando Gaetano Amodio, dopo averla rigenerata nel profumato liquore al limone.

Il gustoso composto così ottenuto fu deposto su di una "pettola" (sfoglia di pasta) che avevano utilizzato per preparare il pane ed alla quale avevano sapientemente fatto assorbire, con un paziente ed appropriato lavoro di gomiti, strutto, zucchero ed una piccola quantità di vino vecchio bianco, che le stesse monache producevano vinificando le pregiate uve della loro vigna, fino a ricavarne una preziosa friabile pasta frolla. Una seconda pettola delle stesse dimensioni della prima servì a coprire la crema di semola.

La massa ottenuta venne modellata con le mani fino a darle la caratteristica forma del cappuccio monacale e fu posta sulla pala di legno, solitamente usata per infornare il pane che l’adagiò nel forno caldo dal quale ne uscì ben dorata e fragrante.

Fu grande festa quel giorno nel Monastero e, poiché la Madre Badessa trovò deliziosa la nuova invenzione delle consorelle, dispose di chiamarla S. Rosa in onore della Santa fondatrice della regola che praticavano ed ordinò subito di riproporla nelle quantità giuste per dispensarla a pezzi a tutte le famiglie del paese, ed a quelle benefattrici negli altri centri costieri e di Napoli, come risulta dalla platea dell’omonimo monastero decretando che l’operazione fosse ripetuta ogni anno il 30 di agosto giorno della ricorrenza della festività della Santa.

Il dolce nel tempo ha subìto qualche lieve ritocco nel dosaggio degli ingredienti e nella forma, come la sostituzione nella crema del ripieno della frutta secca con i canditi e l’impicciolimento fino a diventare la moderna "sfogliatella" che per ricordare le sue origini continua a chiamarsi S. Rosa o la sfogliatella che si consuma a Sorrento nel periodo di carnevale di forma più schiacciata rispetto alla sua progenitrice.