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La Grande Stagione Romanticadiiamo ormai nel pieno della grande stagione romantica, a cavallo tra Settecento e Ottocento, e Alphonse De Lamartine ben si inserisce nel coro dei poeti europei che, nella profonda malinconia tassiana, intravidero un primo e lontano presagio di quella tempesta spirituale da cui sarebbe nato il Romanticismo. “Quando l’orizzonte del mattino era limpido, io vedevo brillare la casa bianca del Tasso, sospesa. come un nido di cigno alla. sommità di una scogliera gialla, tagliata alla base dalle onde. Questa vista mi affascinava”. “Sulla spiaggia sonora,dove il mare di Sorrento E’ questa l’epoca del Grand Tour, quasi un devoto pellegrinaggio dei grandi spiriti europei in quei luoghi del Sud che furono la culla del mito, della poesia e della classicità, e sempre più folta diventa la schiera degli illustri visitatori che approdano anche a Sorrento, come recita, con legittimo orgoglio, la grande lapide marmorea, seppure incompleta, posta sulla facciata del Museo Correale di Terranova. E qui Onofrio Gargiulli (1814) riscopre il fascino delle leggendarie sirene, Silvester Scedrin(1820) la varietà e la vivacità del paesaggio, Richard Keppel Craven (1821) le vestigia dell’antico splendore, nelle iscrizioni, i bassorilievi, le colonne e le statue, che fanno tuttora del territorio uno dei siti archeologici più celebri al mondo. Nel suo “Invito a Sorrento”, August Von Platen (1827) così si rivolge all’amico (e sembra scorgere in questi versi, non senza sorpresa e profonda emozione, l’eco gioiosa e accorata dell’Ode all’amico massese rusticante, del già citato umanista cinquecentesco Costanzo Pulcarelli): “Amico mio, lascia la polvere di Napoli… In questi versi di struggente bellezza, oltre all’altissimo e raffinato lirismo, colpisce l’assoluta novità, che consiste nell’introduzione di un duplice tema, l’amicizia e l’amore, che farà d’ora in poi di Sorrento la meta prediletta, non meno di Venezia, delle più celebri coppie di amici e di amanti che, all’inebriante profumo degli aranci, alla musica segreta del mare, allo splendore argentato del plenilunio sul Golfo, hanno attinto nuova linfa ai loro affetti e alle loro passioni. E riprende l’interminabile salmodia dei diari e degli appunti di viaggio,
in cui viene descritta, con cura minuziosa e dovizia di particolari, la varietà del
paesaggio rurale e marino, la limpidezza del cielo, l’amenità delle
alture, la loggia fiorita sullo sfondo scenografico del Golfo. “Non c’è una grotta, che non
getti sull’onda luccicante
un’immagine di gioia.” I boschi d’aranci, le casette tra le vigne, il mirto e il roseto rampicante, i colori abbaglianti tornano in Paul De Musset (1832) mentre in P.I.R. Denne-Baron troviamo che a Sorrento “Tutto è sereno, tutto è calmo, tutto è azzurro, l’acqua come il cielo, e questa piccola città si può paragonare, vista dal mare, a un nido di colombe.” Ne era rimasto tanto innamorato il De Musset, da scrivere: “Così, mio caro amico, tu ritorni da un paese di cui io mi ricordo come d’un sogno. Là è rimasto il mio povero cuore, il mio povero cuore l’hai trovato tu?” Siamo nel pieno dell’affollatissimo Ottocento, quando il coro di voci che inneggiano a Sorrento si fa sempre più variegato ed intenso, contribuendo in tal modo a diffonderne la leggenda nel mondo. “Sorrento è il paradiso dell’Europa.” “E’ tale la seduzione di Sorrento,
che né la poesia, né la
pittura sapranno esprimere intiere.” “Invano mi son provato a descrivere Sorrento… Persino
il suono dei tocchi all’Ave Maria, che si sperde fra quell’acque,
ti apprende un sentimento di poesia, ignoto sotto altri cieli.” “E l’attenzione dell’osservatore
va sempre più spostandosi
dallo splendore del paesaggio alle bellissime donne dai capelli neri.” “Talvolta ad attirare l’attenzione
sono le rovine archeologiche lungo la costa ed affioranti dal mare, che,
in seguito all’eruzione del
Vesuvio del 79 D.C. aveva invaso il lido delle sirene.” Ancora di paradiso parlano Ferdinand Gregorovius (1853) e Julia Kavanagh (1857), estasiata quest’ultima dell’intenso profumo dei fiori d’arancio, dal perpetuo canto dell’usignolo e del merlo, dal mistero delle sirene che ancora respira nelle grotte marine. “Oh Sorrento! Tu devi andare Dopo le dotte citazioni di Gaetano Nobile (1863) compaiono le costumanze locali della gente “che stace a stu paese”, nei versi dialettali di Luigi Pica (1863): “Cca ‘ncapo ‘e
piede ‘e l’anno
fanno feste E poesia in prosa sono le parole di Ippolito Taine (1864) “Questo largo infinito spazio, abbagliato deliziosamente Ma sarà nel “The Englishman in Italy” (L’Inglese in Italia) di Robert Browning (1812-1889) che troveremo una delle più splendide liriche ispirate al Piano di Sorrento, sullo sfondo autunnale di una giornata di scirocco e di pioggia. “Tutta Piano mi ha visto cogliere Il mattino intanto annuncia la pioggia. “E fuori, sui tetti a terrazza A causa del tempo cattivo, non c’è lo spettacolo del pescatore
che torna da Amalfi, “...Sono tornati proprio tutti Intanto sotto la siepe di aloè, dove sulla terra nera rosseggia il pomodoro polposo, le ragazze più piccole raccolgono chiocciole, per il cenone dei vendemmiatori, in cui saranno servite con lasagne, fettuccine e fette di zucca fritta. La lirica si chiude con la scalata, a dorso di mulo, alla cima del Monte Calvano: “L’abisso divino Eccoci finalmente alla presenza di un affresco possente in cui, sullo sfondo ottenebrato del mare in burrasca e d’un cielo nuvoloso, sfolgora il biancore delle onde che s’infrangono sulla scogliera, il rosso rubino della melagrana spaccata, il fuoco del pomodoro maturo, l’oro giallo della ginestra, il viola degli acini d’uva rigati delle gocce di pioggia. Ma soprattutto risalta, in un contrappunto felice con una natura finalmente inquieta e fremente, la vitalità gioiosa delle fanciulle e dei giovani seminudi che, nei tini dove il mosto ribolle, celebrano la vendemmia come in una danza rituale. Ed ecco finalmente un poeta, il cui animo, sulla vetta del monte Calvano, si libra negli abissi divini, a testimoniare l’infinito e l’eterno. Copyright © 2004 Salvatore Cangiani. Tutti i diritti riservati. |
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