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- Sorrento nella Poesia -

Paolo e Costanzo Pulcarelli

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Paolo Pulcarelli, che più tardi trasformerà il suo cognome in Portarelli, fu sacerdote e insegnante presso il Seminario di Sorrento.

Nato nella seconda metà del 1500 nel Casale di Monticchio, dove morì intorno al 1613, fondò nella Chiesa parrocchiale di S.Pietro la cappella di S. Francesco d’Assisi e vi eresse la sua sepoltura. Per la sua straordinaria erudizione e l'amore che profuse negli studi classici, fu insigne esponente della cultura umanistica in Penisola sorrentina.

Autore di carmi, elegie ed opere sacre, si trasferì a Napoli, dove fu stimato e tenuto in gran conto dai sommi personaggi della Città, sia per la vastità dei suoi orizzonti culturali, che per l’eleganza e la raffinatezza del suo stile letterario.

Ha detto di lui Roberto Pane: "la scaturigine del suo canto è la viva presenza del mito in una terra senza confronti".

Fratello di Paolo fu Costanzo Pulcarelli, (Monticchio di Massa Lubrense 1568 - Napoli 1610). Anch’egli sacerdote, fu "ornamento e splendore del partenopeo Collegio Massimo dei Gesuiti".

Di costituzione molto gracile e precocemente ammalato di tisi, si dedicò con commovente entusiasmo allo studio delle Lettere latine e greche, della filosofia e della teologia, realizzando una formazione culturale di altissimo livello.

Profondo conoscitore della cultura classica,dotato di un ingegno versatile e cordiale, fu maestro impareggiabile ed uomo di grande fede e pietà religiosa, doti che ne fanno uno dei più insigni esponenti dell’Umanesimo Cristiano.

L’opera di Costanzo fu riunita in cinque libri, che comprendono carmi di argomento teologico, poemi in esametri come le Peonie, egloghe, elegie, tra cui resta forse la più famosa quella solare evocazione del villaggio natale, che si intitola "Ad amicum Massae rusticantem", nonché epigrammi ed odi dai più vari argomenti.

Dopo il saccheggio dei documenti gesuitici, avvenuto con la soppressione dell’Ordine nel 1767, le opere del Pulcarelli finirono con l’andare disperse nella Biblioteca Nazionale di Napoli, dove non sono più stati ritrovati molti manoscritti, tra cui un interessante carteggio tra Costanzo e Galilei.

Nella splendida elegia "All’amico Massese campagnolo" l’esortazione da parte del poeta all’amico massese, perché goda dei beni inesauribili e delle infinite delizie che la campagna lussureggiante e generosa gli offre, serve solo da pretesto per descrivere e magnificare,attraverso le scene campestri e la duplice attività della caccia e della pesca, lo splendore di una natura ubertosa e superba, ricca di fremiti, suoni e colori, che alimentano la vena idilliaca della poesia ed un gioioso sentimento del vivere.

"Echeggiano nel bosco, or lievi ora armoniosi,
i versi degli uccelli in canti deliziosi;
e i nocciuoli rivelano, in lampi di cristallo,
l’agrodolce limone tinto di tenue giallo…"

"Azzurrità dell’aria e distese di ulivi
della pace di Pàllade son messaggeri vivi…"

 

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