Da lontano potrebbe essere confuso con il Leccio a causa del colore verde
scuro delle sue foglie. Ma se osservato con maggiore attenzione e da vicino,
si distingue nettamente per la forma delle foglie che, pur essendo coriacee
come quelle del Leccio, sono composte da più foglioline disposte
su due file e innestate sull’asse centrale della foglia in numero
pari (paripennate).
Anche il tronco, molto più contorto di quello del Leccio, può essere
d’aiuto per riconoscerlo. Dal punto di vista ecologico, lo si potrebbe
quasi definire un “frate francescano” degli alberi, vista ha
sua frugalità che gli permette di sopravvivere in terreni poveri
ed inospitali e, malgrado ciò, di sviluppare enormi tronchi perfino
quando affonda le radici nelle spaccature delle rocce.
Le carrube sono state utilizzate in molti modi: come foraggio per gli animali,
per produrre, facendole fermentare, delle bevande alcoliche, od anche nell’industria
alimentare per ricavarne degli addensanti (la farina delle carrube).
Una particolarità della pianta è che i suoi semi sono durissimi
e, soprattutto, tutti uguali per forma ed in particolare per peso. I popoli
del bacino orientale del Mediterraneo, da dove questa pianta proviene, conoscevano
questa caratteristica dei semi e quindi li usavano come unità di
peso per oro e pietre preziose; in pratica su di un piatto della bilancia
ponevano l’oro o le pietre preziose e sull’altro i semi di keration
(così li chiamavano i Greci). Ecco perché ancora oggi è rimasta
la consuetudine di indicare il peso di oro, diamanti o altre pietre preziose
in carati e non in grammi.