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Meta - Notizie storiche

Marineria Metese

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Il moto riformatore è il filo rosso che lega la marineria napoletana a quella metese. Con Carlo di Borbone il regno pone al centro dell’attenzione pubblica il commercio che non solo produce ricchezza, ma sviluppa le arti meccaniche e navali e dà vigore alle industrie.

Secondo alcuni contemporanei quasi tutto il commercio estero del napoletano era in mano di stranieri (Olandesi, Inglesi e Francesi), specialmente quello che usciva dallo stretto di Gibilterra. Perciò si guardava soprattutto all’Inghilterra e all’Olanda che lasciavano a distanza le altre nazioni, perché fedeli al principio secondo il quale “la marina fa la ricchezza del commercio”; sicché dall’unione dei due scaturivano la forza, la ricchezza e la gloria.

Giacinto Dragonetti ammoniva: “Ogni nazione che non naviga vedrà i suoi politici e domestici interessi subordinati a quelli del popolo navigatore”.

Re Carlo, proprio per contrastare la dipendenza del regno dalla piazza di Londra e da altre piazze mercantili, imboccò la strada delle riforme con una serie di importanti iniziative produttive congiunte ad opportuni provvedimenti legislativi:

1) Agevolazioni per la costruzione di nuove navi.

2) Ammodernamenti dei porti.

3) “Reale editto del 18-4-1741” con il quale si regolava la navigazione dei bastimenti mercantili con l’obbligo di portare la bandiera del regno.

4) “Giunta della navigazione mercantile” (1751) con il compito di esaminare tutti i capitani, padroni e piloti regnicoli (attestato che abilitava a continuare l’esercizio delle rispettive attività). La stessa doveva anche rendersi conto delle effettive condizioni di navigabilità e di armamento di ogni bastimento prima della partenza. Ogni padrone o capitano era obbligato ad attrezzare il proprio bastimento con quattro cannoni di calibro corrispondente alla grandezza del legno; e in caso di assalto da parte di corsari, padroni e marinai che avessero abbandonato il bastimento erano tenuti a presentarsi al tribunale del Consolato del mare e, in mancanza, al Governatore del luogo più vicino e descrivere minutamente il sinistro subito. La Giunta stabiliva il “giusto carico” per evitare il “getto” in caso di tempesta; essendo pratica corrente tra i capitani caricare altre merci “sopra coperta”.

5) Altre regole furono emanate nel 1751. Con esse s’impose la tenuta di “un giornale di bordo” in cui andava descritto minutamente tutto l’itinerario. Si sancì il divieto assoluto per i marinai di abbandonare la nave; nonché il divieto per capitani e padroni di licenziare i marinai durante il viaggio. Si stabilì inoltre il numero degli uomini dell’equipaggio per ciascun tipo di nave: da 10 a 22 unità a seconda della stazza espressa in tomoli. Si determinarono le tariffe relative al trasporto, a seconda che il carico fosse grano, orzo o olio diretto ai porti infra oppure extra-regno. Sempre nel 1751, Carlo di Borbone stabilì l’armamento marittimo di due sciabecchi a protezione della marina mercantile, insidiata sulle rotte dei traffici sia verso altri paesi mediterranei sia su quelle interne. Alla pirateria comune si accompagnavano casi di rappresaglia o di arresto di potenze straniere come l’arresto della polacca di Francesco Cafiero proveniente da porti inglesi ad opera di due fregate reali francesi o quello della polacca di Gennaro Cacace da parte di uno sciabecco spagnolo.

6) Furono inaugurati, nel 1784, due istituti: l’uno a Meta e l’altro a Piano, entrambi strutturati in cinque classi. Ad essi si accompagnò una scuola ad Alberi (1790). L’intero corso scolastico aveva la durata di sei anni; semestralmente gli alunni sostenevano un esame generale; si studiavano due lingue: il francese e l’inglese. Terminato il corso, godevano del privilegio di essere imbarcati sui legni da guerra “in qualità di pilotini per tre campagne”. Successivamente erano arruolati nel corpo dei piloti della real marina in pianta fissa. Tra gli esercizi ”scolastici e ginnici”, il regolamento prevedeva, tra l’altro, l’arte del nuoto, il maneggio degli strumenti nautici, del sartiame, delle vele, della condotta dei timone e della manovra delle vele. Inoltre i giovani dovevano acquistare una cognizione pratica di tutte le parti di un bastimento e delle macchine. Così pure, dovevano conoscere l’uso e il maneggio dell’ascia, della sega, della scure, dello scalpello e di tutti gli altri strumenti necessari alla costruzione del bastimento.

Antonio Caccaviello (Serv. Bibliotecario Sorrentino - www.metaonweb.it)


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