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- Tradizioni e Folklore -

Il Presepe a Sorrento

di Salvatore Cangiani

Particolare del Presepe esposto nella Chiesa dell'Annunziata a Sorrento.
Fig. 1 - Particolare del Presepe esposto nella Chiesa della SS. Annunziata a Sorrento.

Con l’avvicinarsi del Natale, ai ritmi sempre più veloci della vita cittadina, ancor più animata dalla presenza di numerosi turisti, si contrappone il segreto fervore con cui, in ogni dove, piccoli e grandi si affrettano ad allestire il Presepe.

Percorrendo in questi giorni la strada d’ingresso in penisola, si incontrano a ogni passo cartelli e striscioni che invitano a visitare gli innumerevoli “artistici” presepi delle chiese, ma anche quelli costruiti nelle piazze, nei centri storici e finanche in alcune dimore private aperte per l’occasione ai visitatori. E’ questa infatti la tradizione più antica e radicata, che si perpetua da secoli sulla scia dei capolavori celeberrimi dell’arte presepiale napoletana, oggi trasformata in una fiorente industria che esporta i suoi prodotti in tutto il mondo.

Nient’affatto spodestata dal sopraggiungere dell’usanza nordica dell’albero, la prassi locale di allestire quasi in ogni casa la rappresentazione della Natività non solo si è felicemente adattata a convivere con l’abete riccamente addobbato, ma ha resistito, si è evoluta ed imposta, grazie anche all’impiego dei più moderni ritrovati tecnici, non esclusa l’elettronica. E tuttavia, protagonisti indiscussi restano la fantasia, la creatività, il gusto tutto sorrentino per la teatralità delle scene, che riproducono su scala ridotta il paesaggio rupestre, gli ambienti, l’atmosfera del borgo contadino, delle strade e delle botteghe, animate dalla folla festosa dei “pastori” in abiti d’epoca, dalla espressività trasognata dei volti e dei gesti, quasi scolpiti con un magico realismo.

A questi presepi, realizzati coi materiali più vari, dal legno al sughero alla cartapesta alla plastica, animati per lo più da scrosci d’acqua, giochi di luce, movimenti ritmici e cadenzati di alcuni “pastori”, ultima novità di discutibile gusto, si sono aggiunti in epoca recente quelli “viventi”, accurate ricostruzioni museali d’una civiltà pastorale ed agreste, ambientate negli angoli più suggestivi di qualche borgo rimasto più o meno intatto nel tempo.

Sorrento - Un particolare del Presepe realizzato nel Sedil Dominova dalla Società Operaia di Mutuo Soccorso
Fig. 2 - Un particolare del Presepe realizzato nel Sedil Dominova dalla Società Operaia di Mutuo Soccorso: una realistica scena ambientata nei pressi del Museo Correale di Sorrento (sullo sfondo).

E così sullo sfondo di un paesaggio sfuggito miracolosamente all’avanzata del cemento, nel centro storico di Meta, a San Liborio di Piano, a Santa Lucia di Sorrento, al Rione San Francesco e al Montariello di Torca in Massa Lubrense, si può ritrovare una realtà che riemerge dagli abissi del tempo, con gli interni rurali, gli arredi e gli utensili, i mestieri artigianali, i cibi e i profumi semplici e sani, i costumi e le usanze secolari, e tutto quanto appartiene ad un mondo praticamente scomparso, ed ora riemerso come per incanto a svelarci le lontane radici di una cultura che ha sfidato i millenni.

Il Natale dunque, come ritorno all’infanzia, sia individuale che collettiva, alla ricerca delle emozioni e degli affetti più semplici e puri, quasi rivincita di un’innocenza che non si rassegna a lasciarsi travolgere dalla crescente malizia dei tempi e dal progressivo inaridimento del cuore.

Dal segreto delle pareti domestiche, dove le famiglie si riuniscono per il cenone, il gioco a tombola, lo scambio dei doni e un piccolo improvvisato corteo per deporre il Bambino nella grotta, questi sentimenti esplodevano un tempo nelle piazze e nelle strade. Qui, fino a pochi anni fa, si svolgevano numerose, durante l’intera notte, le processioni provenienti dalle varie chiese e arciconfraternite, tra canti, zampogne ed un incredibile crepitio di “tricche-tracche”.

Un clima di generale esultanza, praticamente scomparso da quando una malintesa “modernità” e una serie di interventi tesi a limitare l’esteriorità degli eventi religiosi, hanno fatto sì che nella notte di Natale la città resti deserta ed immersa nel più assoluto silenzio. Anche a voler giustamente combattere quel tanto di pagano che poteva emergere dalle manifestazioni natalizie notturne, non si è tenuto conto che esse rientravano comunque nell’esigenza di esprimere, anche rumorosamente, i propri sentimenti, che è tipica della gente del Sud.

Il rischio gravissimo è che la drastica abolizione delle forme potrebbe trascinarsi via anche i contenuti, come del resto già dimostra la scarsa frequenza al rito sacro che ha molto perduto del suo fascino.







Salvatore Cangiani