Virtual Sorrento Home Page
- Antichi sapori e profumi della Penisola Sorrentina -

Le origini greche della culinaria sorrentina

di

Fu circa tremila anni fa che un gruppo di greci approdò su “Megaris”, il leggendario scoglio che si affaccia sul golfo partenopeo, dove oggi poggia il Castel dell’Ovo.

Dopo questo primo insediamento la popolazione si spostò successivamente in altri luoghi del golfo di Napoli e più precisamente a Cuma, Capri, Ischia ed a Sorrento dove portò la coltura della vite e dell’ulivo.

Sfortunatamente delle loro abitudini alimentari non abbiamo grandi tracce se non di un "vino greco” così definito nei diari di alcuni viaggiatori stranieri che hanno visitato la nostra regione fino al diciottesimo secolo e di certi antichissimi dolci al miele che parlano ancora di lontane isole Egee. Mi pare plausibile che l’aggettivo “greco” stava ad indicare i vini prodotti a Torre del Greco e in tutto il circondario vesuviano. L’aggettivo ellenico fu poi sostituito dal blasfemo “Lacrima Cristi” col quale si continuano a designare i vini prodotti con le viti importate dall’isola Eubea.

All’epoca la penisola era molto più verde e fertile di oggi, ma l’alimentazione era fondata ancora sulla raccolta di bacche, tuberi, radici e gambi di piante della montagna. Certo, non solo ghiande dolci da arrostire o macinare, ma anche pere, sorbe, corbezzoli, carrube, cotogne, lattughe, cicorie amare, grossi cardi, sedano di montagna, l’origano dall’aroma penetrante, il timo, i funghi.

C’è in ogni casa, o capanna, la grande pietra scanalata e un pò incavata, su cui scorre avanti e indietro un’altra pietra più piccola da manovrare comodamente, e serve a ridurre in piccoli frammenti ogni genere di chicchi e legumi.

Zeppole di farina bollita - Realizzazione a cura di  Enrico Cosentino presso il Rist. Caruso di Sorrento (Foto Giuseppe Ruggiero - copyright 2004))Le farine di farro si usano per saporite pietanze condite con pezzetti di lardo di maiale o olio di oliva o dolcificate con miele. Potrebbe difatti venire da tanto lontano la stuzzicante zeppola di farina bollita comunemente chiamata "zeppola del pezzente", rimasta nella tradizione dolciaria natalizia della nostra regione. Il farro è raro e prezioso ma non mancano le piadine e focacce cotte sotto la cenere.

Carne di capretti e agnelli sono cibo comune nelle ricorrenze legate ai sacrifici e alle feste dedicate agli dei, mentre alla dea della fecondità è offerta una speciale focaccia con sopra un formaggio appena fatto con latte di capra o di pecora che con fantasia, ma non troppa, richiama il rito sorrentino della “giuncata”. Il latte cagliato non salato messo a scolare in cestelli di giunchi o su piccole stuoie e servito su foglie di felci che si consumava fino ai primi del secolo nella penisola in occasione della solennità dell’Ascensione.

Questa tradizione ricorda anche le ricottine dolci ricoperte di miele, poi sostituite dal denso e saporoso sciroppo di amarene e decorate con lo stesso frutto, che venivano consumate a Sorrento in occasione del carnevale e più propriamente in occasione della mascherata denominata “la guardia di quaresima”.