ell’animo
umano è sempre presente una componente fanciullesca
(seppure in misura assai variabile) che viene attratta da tutto ciò che
si presenta misterioso, fantastico o magico.
Il popolo sorrentino non sfugge, naturalmente, al concetto sopra esposto,
anzi, per le sue tradizionali doti di gentilezza e, oserei dire, d’ingenuità,
ha coltivato per secoli alcune sue particolari e leggendarie storie legate
a siti particolari, il cui ricordo si è però affievolito
nel corso degli ultimi decenni, sino a scomparire o quasi.
Una di queste,
che ci è stata tramandata grazie all’amore
verso la città di Sorrento ed alle sue doti di arguto narratore
da Silvio Salvatore Gargiulo (in arte ‘Saltovar’), celeberrimo
scrittore e poeta sorrentino, riguarda la così detta ‘Grotta
del Tesoro’ o ‘Caverna Nicolucci’.
Quest’antro è situato in alto a sinistra nella zona che
i sorrentini chiamano ‘Conca’ (all’inizio di Via Capo,
la strada che conduce a Massa Lubrense e a S. Agata sui due golfi), dopo
una spaccatura nella montagna in cui scorre, come piccola cascata, un
ruscello proveniente dalla sorgente Neffola, che proseguendo nel vallone
sottostante (in gran parte ricoperto, nel corso degli ultimi decenni,
o utilizzato per altri fini) giunge poi alla Marina Grande e quindi al
mare.
La sua apertura, di forma semiellittica, è parzialmente ricoperta
da arbusti selvatici che la rendono praticamente invisibile agli occhi
di chi transita per la strada sottostante.
Superata l’entrata, ci si trova in una specie di anticamera lunga
circa mt. 2,50 e larga mt. 0,60, che va man mano restringendosi verso
il passaggio che conduce alla vera e propria grotta, larga mt. 1,10 e
dall’altezza pari quasi a quella della stessa montagna.
Il passaggio suddetto consente l’ingresso soltanto a persone di
corporatura non abbondante e a capo chino.
Le dicerie, le leggende, le più strane storie, hanno creato un
alone di paura e di mistero attorno a questo luogo, sino ai primi decenni
del XX secolo.
Una d’esse, narrava di un guerriero armato come S. Giorgio, in
groppa ad un enorme cavallo nero, che ogni notte effettuava varie volte
il giro della Conca, per poi sparire nel burrone sottostante.
E… guai ad incontrarlo!
La più diffusa, affermava che nella grotta era nascosto un tesoro
(composto da gemme preziose, gioielli, statue ed antichissime monete d’oro)
custodito da scheletri giganti, che malmenavano con inaudita ferocia e
crudeltà i poveretti che, per avidità o semplice curiosità,
si fossero introdotti nella caverna senza conoscere le parole magiche
e gli altri sortilegi atti a consentirne l’accesso.
Ma il vero ‘tesoro’ della ‘Caverna Nicolucci’ fu
scoperto nel 1885 dal Dott. Riccardo Lorenzoni, Direttore del convitto
e della Scuola Tecnica Pareggiata di Viggiano (Basilicata):
• 5 fusaiole;
• 3 pesi;
• migliaia di frammenti di stoviglie di terracotta;
• grandi quantità di pietre lavorate, consistenti sia in armi
che in utensili di vario tipo (in selce piromaca o in arenaria quarzosa),
un peso ed un lisciatoio in arenaria, un ciottolo di diaspro nero, un
trincetto di ossidiana ed un lisciatoio di steatite;
• 5 frammenti di ossa lavorate;
• un grande ammasso di ossa di animali domestici (bue, pecora, capra,
porco, volpe e di parecchi roditori);
• una piccola forcina per capelli in bronzo.
Un grande ‘tesoro archeologico’, che il Lorenzoni fa risalire
all’età neolitica e l’inizio dell’età del
bronzo, conservato, secondo il Gargiulo, nel Museo Antropologico della
R. Università di Napoli.
Nella speranza che questi cimeli rientrino nella sede ad essi più congeniale,
ch’io reputo essere il Museo Correale di Terranova, mi piace chiudere
questa ‘Perla’ con lo stesso accorato appello di Silvio Salvatore
Gargiulo: “È ora che ciò avvenga presto, per
il bene della nostra penisola ed a maggior gloria della nostra Sorrento!”.