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Sorrento nella Canzone Napoletana del '900

di

 

Con l’inizio del Novecento, si infoltisce anche la schiera dei poeti locali,volendo includere in questa definizione sia quelli più propriamente napoletani, che i sorrentini doc. Ma prima di inoltrarci su questo terreno, dove ancora allignano reminiscenze classicheggianti, come mostrano Carmine Gallone e Luigi Cappiello (1905), di cui citeremo del primo:

“Eterno è l’inno che al cielo tu innalzi,
o Sorrento; è tripudio di profumi
e di suoni; è gran fremere di terra
ebra, e di mare...”

e del secondo:

“Sorridendo all’onda azzurra
che sussurra
ai suoi pié dolci parole...”

va doverosamente sottolineato il carattere peculiare che accomuna i tanti, e spesso giustamente famosi, verseggiatori che inonderanno letteralmente delle loro composizioni la città di Sorrento.

Si era detto, all’inizio di questa scheda, che Sorrento è la terra dell’amore e del canto, che invita all’amore ed al canto, e certamente da qui scaturisce quello stretto intrecciarsi e sovrapporsi dei due temi, già notato precedentemente, ed ora immancabilmente presente in ogni poesia destinata a trasformarsi in canzone, e cioè l’atmosfera sognante che avvolge il poeta e l’enfasi della passione o la pena che affligge l’amante.

Ed infatti, ogni verso che sboccia sembra contenere un sospiro, una sua interna musicalità che erompe dallo schema metrico e chiede di esprimersi nel linguaggio delle note, nelle modulate cadenze del canto.

Ne è un primo e mirabile esempio proprio la canzone che è divenuta il biglietto da visita della città in tutto il mondo, quella fin troppo celebre “Torna a Surriento” , in cui le parole, in verità non proprio alate di G.B. de Curtis, hanno suggerito al fratello Ernesto una melodia così alta e struggente, da divenire subito universale.

E non c’è dubbio alcuno che si tratti di un accorato lamento d’amore, nonostante l’opportunistico adattamento che nel 1902 ne fu fatto per commuovere il ministro Zanardelli, sollecitato a concedere l’ufficio postale a Sorrento!

“Ma nun me lassa’,
nun darme stu turmiento!
Torna a Surriento,
famme cumpa’ !”

E’ sempre G.B. de Curtis l’autore de “ ‘A Surrentina”:

“So’ venuto a Surriento,
a sta bella marina,
cu na vela latina,
cu na refola ‘e viento.
Aggio visto ‘e ciardine,
fior’arance e limone,
‘ e ccbiù belle guaglione
ca se ponno cria’.
………………
Vurrìa passa’ la vita a stu paese,
mmiezo a sta gente bella:
vurrìa abballa’ pur’’i na tarantella
‘ nzieme cu tte!”

Leggiamo ancora “ ‘A picciotta”:

“Pe’ destino me trovo a Surriento:
fora ‘e mura ‘int’’e frasche, ’int’’e rrose
..........................
Si cunusce stu suono ‘e sta voce
si capisce che voglio da te,
arape sti pporte,
Te voglio vede’.
Me responne ne voce ‘a luntano:
neh, cumpa’, pe’ chi cante e suspire?
T’he scurdato addo’ sta Tramuntano?
‘ a cchiù bella picciotta sta llà.”

Lo stesso autore in “Carmela” così continua:

“Fore mura nce sta na picciotta
mmiez’’e spine s’è fatta na casa,
‘ ncopp’e fronne s’addorme la notte
e na rosa cchiù bella nun c’è.
……………………
‘ ncopp’o scuoglio addo’ sta Tramuntano
‘ mparaviso stu sito nun c’è.”

Non occorre di più per rendersi conto che l’attrazione per la “picciotta” ha di gran lunga superato l’interesse per il fascino dei luoghi, ormai limitati a fare da vago scenario all’appassionato canto d ‘amore:

“Duorme, Carme’…
‘ o cchiù bello d’’a vita è ‘o durmi!
Suònnate a me,
‘ mparaviso cu ttico voglio i’ !”

E’ dunque ad opera di questi due celebri fratelli Giovanbattista ed Ernesto de Curtis, musicisti e poeti napoletani trapiantati a Sorrento, grazie all’amicizia con il sindaco dell’epoca Guglielmo Tramontano, del cui albergo furono a più riprese ospiti e decoratori, che la canzone sorrentina, pur vantando già una lunga ma poco nota tradizione, entra a pieno titolo nel grande e glorioso circuito della canzone classica napoletana, messaggera del genio italiano nel mondo.

Ed è sulla scia dei de Curtis, che i più celebri autori napoletani diffonderanno ovunque, coi loro versi e le loro melodie, l’immagine ormai leggendaria d’un indissolubile gemellaggio canoro tra Napoli e Sorrento.

“Mandulinata a Surriento,
mandulinata a chi sposa
sotto a sta luna d’argiento
ca ‘e st’acqua addirosa
nu specchio vo’ fa’...
Va’, core scuntento,
va’ te trova nu nido a Surriento,
addò t’addormono
sti manduline,
addò ‘e ciardine danno
sti sciure ‘arance p’’a felicità.”

Così scrive E.A. Mario (1922) 1‘autore dell’immortale “Canzone del Piave”.

“Surriento!... ‘A luna chiara
e ciento varche cu na stella a prora...
Che pace e che frescura
fora a sta loggia a mmare, ’int’a sti ssere
tengo vint’anne ancora.
Bella, vicino a tte! ...
Dorme Surriento
‘ mmiezo addore d’’e ciardine...
Che sentimento
sti cchitarre e manduline!...
Rimpetto NapuIe
si e no se tocca...
Vocca cu vocca
te voglio, Mari’! ...”

Ernesto Murolo (1926)

Con il Novecento, lungi dall’arrestarsi, si moltiplicano le presenze e le opere di autori italiani e stranieri, tra i quali ultimi emerge la singolare figura di Norman Douglas ed il suo atto d’amore che egli concretizzò in uno dei libri più famosi nati e dedicati al promontorio sorrentino: ”La Terra delle Sirene”

“E’ una terra di sobrietà classica, di calcare e mare azzurro e solo un artista che sia veramente grande... può sperare di districarne la pura bellezza…”
(Douglas)

“Sorrento è di là delle sue rive, del suo mare, del suo cielo… L’anima di Sorrento è più su: una volatile, tremula anima di sogno, sospesa tra cielo e mare... una vertigine che trae fuori dalla realtà...”
Mattia Limoncelli (1920)

“Se volete vedere Sorrento, non dovete andare e Sorrento... una città come le altre... C’è un’altra Sorrento, d”una vaghezza infinita, la Sorrento dei viaggiatori e de’ poeti... tutta a borgate e ville, che s’adagiano mollemente sul declivio dei colli...”
Edoardo Reposseno (1921)

Sulle salubrità dell’aria, ricca di essenze emanate dalle piante degli agrumi, ci informa J.D. Brunton (1923) e dell’atmosfera movimentata e festosa creata dal crescente movimento turistico ci parla Luigi Pagano (1927).
Sulla sommità dei Monte Sant’Angelo, a Gino Doria (1927) viene la tentazione di pensare che non un solo Dio, ma almeno due abbiano creato i due golfi di Napoli e di Salerno: il primo, sentimentale ed arcadico, ornò il golfo di Napoli della flora più vaga e di sereni paesaggi, ma l’altro, corrucciato e terribile, sulla costiera amalfitana, precipitò rocce su rocce... così che il golfo nacque aperto e indifeso a tutte le vendette del mare…
“Da una parte l’ordine, dall’altra il caos; da una parte la grazia, dell’altra la forza; da una parte l’idillio, dall’altra il dramma....” (G.Doria)

Alla fantasia di Riccardo Filangieri Di Candida (1927) autore della più celebre ”Storia di Massa Lubrense” appare come in un sogno l’antica Terra delle Sirene, sospesa tra le gentilezza ellenica e la magnificenza di Roma, nell’epoca del suo classico e antico splendore.

Sul nascente artigianato locale, fatto di merletti e d’intarsio, s’intrattiene Aniello Grifeo (1929) dando inizio a quella serie di testimonianze sui cambiamenti, sempre più rapidi, che nel Novecento travolgeranno Sorrento.

Ma, almeno per ora, essa è ancora la terra unica al mondo per la sua luminosità e i suoi colori, ispiratrice di pittori famosi, come Thomas Fearnley ed ancora di innumerevoli altri, come in seguito vedremo (Sigurd Willoch, 1932); P. Jousset.

E mentre, in una prosa ridondante e pomposa Alfredo De Marsico (1933) pronuncia il suo discorso celebrativo per la stele ai visitatori illustri (Solo ai sovrani dello spirito essa si dona!) continua il non mai interrotto verseggiare.

“Sorrento forma come una ghirlanda
al mare che riluccica turchino...”

Giuseppe Gregoretti (1931)

“Al freddo stretto i limoni movevano la luna d’alba
prossima ad esalare scialba nel cielo dei portoni.
Sulla finestra a grate, tra i rami d’arancio
portava il vento uno slancio di polle rosate:
i gerani smorti dal gelo trepidavano d’aria
sotto l’arcata solitaria illuminata dal cielo.
Ai monti pallidi d’ali sorgevano voci remote...”

Sono questi i versi grandissimi di Alfonso Gatto (1935) una delle pagine di poesia più alte e commosse ispirate a Sorrento.

“Il dolce eletto incanto
della verde Sorrento...
piena di luci, carica d’aranci,
coi pini aperti sopra la marina...”

Cesare Righini (1939)

“Sorrento che scioglie il più puro inno
alla bellezza, nel ritmo lento delle
sue spiagge cha fanno legame d’oro
tra i due zaffiri del cielo e del mare.”

Edwin Cerio (1940)

“Già Montechiaro accende
gli iridescenti fari,
d’ampio purpureo manto
par si vesta Sorrento...”

Maria Ing (1945)

“Il paesaggio dell’eterno romanticismo”
Amalia Bordiga (1950)

“Com’è dolce visione a chi torna da lungi la terra natìa.
O lontani monti che il sol riveste di fiamma,
o rosee aurore, o rossi tramonti, a voi son tornata!”

Lucilla Bufardeci (1951)

E, fra tanti poeti, non manca, negli anni bui della seconda guerra mondiale, la voce grave e dolente del filosofo Benedetto Croce, qui rifugiatosi a Villa Tritone:

”Sono tentato da quell’incanto, me sono trattenuto da una sorta di rimorso per questo rapimento e abbandono....” (1943)

E Sorrento non poteva non ammaliare gli esteti e i gaudenti come Roger Peyrefitte, che ne ha lasciato una descrizione tenera e vibrante:

“Casanova ci dice che a Sorrento non si poteva desiderare senza ottenere... Come le altre città del golfo, anch’essa fu luogo di piaceri, tenuto in gran pregio dei Romani…”

Studi, ricerche, indagini sul passato e sul presente di Sorrento, considerata nei suoi aspetti più vari, portano le firme di Roberto Pane (1955); Antonio Vitiello (1962); Giovanni Artieri (1962); Gino Doria (1966); Domenico Petrocelli (1970); Antonio Ghirelli (1978) che, nella presentazione di un catalogo di foto Alinari relative alla fine Ottocento, ci ha donato una delle più suggestive e complete pagine sulla storia e la vita dei luoghi e della gente, fermati per sempre dai fotoreporters che hanno immortalato i ”Golfi della bellezza”.

Per gli ultimi decenni, bastano, tra i moltissimi altri, nomi quali quelli di Giorgio Caiati (1981); Luigi Barzini (I982); Piero Raminella (1982); Vincenzo Russo (1983); Artura Fratta (1984); Guido Gerosa (1985); Ronald Waters (1985) a farci intendere che non sembra mai abbastanza quanto nei secoli è stato scritto e pensato sulla terra sorrentina, se ancora oggi non si finisce di scoprirne e di esaltarne la magia, la civiltà, e quant’altro ancora la rende unica nella realtà e nell’immaginario.

Ma è ora giunto il momento di riprendere il nostro discorso sui poeti e la poesia, rievocando, sia pur brevemente, le due figure più rappresentative in questo campo, entrambe sorrentine ed ambedue meritevoli di un posto privilegiato nel panorama artistico della città.

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